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Quarta opera scaligera di Verdi, milanese fin nel titolo e nella provenienza dell’autore del soggetto, Tommaso Grossi, dal quale Temistocle Solera trae il libretto.
Dramma di argomento religioso, intessuto di scene di processioni, preghiere, un battesimo e naturalmente una crociata. Le autorità clericali si insospettiscono e incaricano gli amministratori della giustizia di controllare. Il capo della polizia Torresani dopo aver preso visione del libretto intima a Verdi di apportare alcuni cambiamenti: in teatro non si può cantare un’Ave Maria, poiché luogo non adatto ad una preghiera, così che il Maestro si deve piegare suo malgrado a cambiare l’aria in Salve Maria. Con questa piccola modifica I Lombardi alla prima Crociata vanno in scena alla Scala l’11 febbraio 1843, nell’estate dello stesso anno a Senigallia e in inverno a Venezia.

Trama dell'opera

Atto I – La vendetta

La scena è in Milano, tra il 1097 e il 1099. Nella Basilica di Sant'Ambrogio, Arvino ha concesso il perdono al fratello Pagano, noto per averlo aggredito in uno scatto di gelosia, per amore della bella Viclinda, ora moglie di Arvino. Dopo essere stato proscritto ed esiliato, Pagano ritorna in Milano, col perdono dei parenti. I cittadini se ne rallegrano (O nobile esempio!), ma al pentimento non  credono né Arvino, né la moglie e la figlia Giselda. In quel momento il priore annuncia che Arvino condurrà i crociati a Gerusalemme. Rimasto solo con lo scudiero Pirro, Pagano rivela il suo rancore per Viclinda e il fratello, che medita di uccidere, chiedendo la complicità di Pirro e di alcuni scagnozzi (Sciagurata! Hai tu creduto).
Intanto, nel palazzo di Folco, Giselda e Viclinda sono turbate per la sorte di Arvino: temono che accadrà qualcosa di orribile. Prega per la salvezza del padre (Salve Maria). Intanto Pirro comunica a Pagano che Arvino si è coricato, e che può agire. Pagano entra, ma, tra l'orrore di Viclinda e di Giselda, egli non ha ucciso Arvino, che giunge subito per il rumore, ma il padre. Pagano, inorridito, invoca su di sé la maledizione di Dio. Quando arrivano per ucciderlo, Giselda si oppone, dicendo che l'unico castigo per Pagano è il rimorso.

Atto II – L’uomo della caverna


Il secondo atto si apre nelle stanze di Acciano, tiranno di Antiochia. Il tiranno invoca la vendetta di Allah sui cristiani, che hanno invaso il territorio. Oronte, suo figlio, chiede alla madre Sofia, segretamente convertita al cristianesimo, notizie su Giselda, la bella cristiana prigioniera che ama, e da lei riamato. La madre comunica che Giselda lo sposerà solo se egli si convertirà al cristianesimo. Oronte accetta (La mia letizia infondere).
In una grotta, vive in esilio Pagano, aspettando l'arrivo dei cristiani. Intanto si presenta a lui Pirro, divenuto musulmano, che non riconosce Pagano. Pirro invoca il suo aiuto per avere il perdono divino: lui, essendo custode delle mura di Antiochia, le aprirà ai Lombardi. Nello stesso  momento,  appare  Arvino,  che, non riconoscendo il fratello, lo prega affinché si possa salvare la figlia Giselda. Pagano annuncia che la città cadrà la notte stessa; segue un coro di giubilo dei crociati (Stolto Allah!).
Nell'harem, Giselda invoca la madre affinché la perdoni del fatto di essersi innamorata di un pagano (Madre, dal ciel soccorri). Sofia comunica a una triste Giselda, che un traditore ha consegnato le mura ai cristiani, e ora Oronte e Acciano giacciono morti nella battaglia. Arvino, appena giunto, sente la figlia maledire il trionfo cristiano, e la ripudia. Fa per ucciderla, quando interviene l'eremita che la salva, dicendole che la ragazza agisce così per amore.

Atto III – La conversazione


Nella Valle di Giosafat. Giselda rimpiange Oronte, che, improvvisamente, le compare davanti in veste lombarda. Egli non era morto ma solo ferito. I due (dopo il duetto Teco io fuggo), fuggono insieme. Arvino, però, la maledice, dopo averla vista fuggire con l'amante (Sì, del ciel che non punisce), e anche Pagano, che alcuni crociati hanno visto nell'accampamento. Intanto, nella grotta, Giselda conduce Oronte ferito mortalmente. Giunge Pagano, che esorta Oronte a convertirsi, per amor di Giselda. Il musulmano si converte, e muore, invocando Giselda, e con la benedizione di Pagano.

Atto IV – Il Santo Sepolcro


Sempre nella caverna. Pagano mostra la figlia assetata e colta da febbre, che invoca il perdono. La fanciulla delira: le appare in sogno Oronte che annuncia ai cristiani che le acque del Siloe placheranno la siccità che li ha colpiti (Qual prodigio!).
Intanto, i Lombardi pregano il signore, e ricordano l’aria fresca, la  natura  e  la  pace   della   terra lombarda con la famosa preghiera O signor, dal tetto natio. Giungono Giselda, Pagano e Arvino che annunciano che hanno trovato le acque del Siloe, come predetto dal sogno di Giselda. Mentre i cristiani esultano, Pagano, in punto di morte, rivela ad Arvino che egli non è un semplice eremita ma anche suo fratello, ed invoca il suo perdono. Arvino lo benedice mentre Gerusalemme cade in mano ai crociati.

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I Lombardi alla prima Crociata- "O Signore dal tetto natìo"

Opera di G. Verdi. Allestimento del Teatro Colòn di Buenos Aires (inaugurazione stagione lirica 2005). Scene e videoproiezioni dello scenografo, costumista e videomaker Lorenzo Cutùli. Regia di Stefano Vizioli e direzione musicale di Richard Bonynge. Ripresa effettuata al Teatro Colòn da Canal 7 Argentina.

 

Martina B. - Giorgia C. - Sara P. -  Valentina C. - Lorenzo M. - Flavio D. - Classe 3C - Gruppo 2

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La battaglia di Legnano è un'opera in quattro atti di Giuseppe Verdi su libretto di Salvadore Cammarano. La prima assoluta fu il 27 gennaio 1849, al Teatro Argentina di Roma. Ottenne allora un grande successo, grazie alle forti tinte patriottiche nella trama. Stimolata dai ben noti e coevi avvenimenti bellici delle Cinque Giornate di Milano e della successiva prima guerra di indipendenza, l’opera, malgrado le aspettative di Verdi (che l’apprezzava tanto da tentarne, inutilmente, un rifacimento negli anni Cinquanta, con la collaborazione di Leone Emanuele Bardare), trovò proprio in questo ideale legame un limite alla sua stabile affermazione sulle scene.

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Trama

Atto I


Egli vive!’. A Milano, nel 1176. Arrigo e Rolando, guerrieri della Lega Lombarda, si ritrovano per difendere la città dal Barbarossa. Lida, un tempo amante di Arrigo, da lei creduto morto, e ora moglie di Rolando, teme Marcovaldo, un prigioniero germanico che tenta di insidiarla. La gioia e la commozione della donna nel rivedere insieme al marito l’amante di un tempo si mutano presto in dolore quando Arrigo, sordo a ogni spiegazione, la accusa segretamente di averlo tradito.
 

Atto II

‘Barbarossa’. Rolando e Arrigo, ambasciatori della Lega a Como, tentano inutilmente di convincere i cittadini a unirsi a loro. Alle sprezzanti minacce del Barbarossa, i due non replicano: solo la guerra farà valere le ragioni dei contendenti.

Atto III

‘L’infamia’. Marcovaldo intercetta una lettera di Lida ad Arrigo (nella quale ella gli chiede, in nome dell’antico amore, di non unirsi ai Cavalieri della Morte e di vivere per affetto verso la madre) e la consegna a Rolando, che accusa chiudendo a chiave la porta, Arrigo, per non patire l’infamia della diserzione, è costretto a fuggire saltando dalla finestra per potersi unire ai soldati.

Atto IV


‘Morire per la patria!’. La battaglia è vinta e Barbarossa stesso è caduto per mano di Arrigo. Mentre il popolo esulta, giunge Arrigo morente scortato da Rolando e dai cavalieri. In punto di morte, l’uomo proclama l’innocenza di Lida e chiede all’amico di un tempo di riavere la sua stima; di fronte alla sincerità di Arrigo e alle preghiere della moglie, Rolando, commosso, porge la destra all’amico, che spira baciando il Carroccio.

 

La battaglia di Legnano - Ouverture

La Battaglia di Legnano - Finale Opera "Chi muore per la patria"

Paola B. - Ilaria M. - Agnese D. - Benedetta V. - Andrea M. - Gabriele M. - Classe 3A  - gruppo 3

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Opera divisa in quattro atti, su libretto di Antonio Ghislanzoni, musicata da Giuseppe Verdi, fu rappresentata per la prima volta al Cairo il 24 dicembre 1871. La storia è ambientata a Tebe e Menfi al tempo dei faraoni.

 

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Trama

ATTO I


Scena I: Sala del palazzo del Re a Menfi.
Aida, figlia del Re di Etiopia Amonasro, vive a Menfi come schiava; gli Egizi l'hanno catturata durante una spedizione militare contro l'Etiopia ignorando la sua vera identità. Suo padre ha organizzato una incursione in Egitto per liberarla dalla prigionia. Ma fin dalla sua cattura, Aida si è innamorata del giovane guerriero Radamès, che a sua volta la ama. Aida ha una pericolosa rivale, Amneris, la figlia del Re d'Egitto. Incontrando Aida, Amneris intuisce che possa essere lei la fiamma di Radamès e falsamente la consola dal suo pianto. Appare il Re assieme agli ufficiali e Ramfis che introduce un messaggero recante le notizie dal confine. Aida è preoccupata: suo padre sta marciando contro l'Egitto. Alla fine il Re dichiara che Radamès è stato scelto da Iside come comandante dell'esercito che combatterà contro Amonasro. Il cuore di Aida è diviso tra l'amore per il padre e la Patria e l'amore per Radamès.
Scena II: Interno del tempio di Vulcano a Menfi.
Cerimonie solenni e danza delle sacerdotesse. Investitura di Radamès come comandante in capo.
 

ATTO II


Danze festose e musica nelle stanze di Amneris. Amneris riceve la sua schiava Aida e ingegnosamente la spinge a dichiarare il suo amore per Radamès, mentendole dicendo che Radamès è morto in battaglia; la reazione di Aida alla notizia la tradisce rivelando il suo amore per Radamès. Amneris, scoperto il suo amore, la minaccia: ella è figlia del Faraone. Con orgoglio Aida dice che anche lei è figlia di re, ma se ne pente ben presto. Risuonano da fuori le trombe della vittoria. Amneris obbliga Aida a vedere con lei il trionfo dell'Egitto e la sconfitta del suo popolo. Aida è disperata, e chiede perdono ad Amneris.
Scena II: Uno degli ingressi della città di Tebe.
Radamès torna vincitore. Marcia trionfale. Il faraone decreta che in questo giorno il trionfatore Radamès potrà avere tutto quello che desidera. I prigionieri etiopi sono condotti alla presenza del Re e Amonasro è uno di questi. Aida immediatamente accorre ad abbracciare il padre, ma le loro vere identità sono ancora sconosciute agli Egizi. Amonasro infatti dichiara che il Re etiope è stato ucciso in battaglia. Radamès per amore di Aida usa l'offerta del Re per chiedere il rilascio dei prigionieri. Il Re d'Egitto, grato a Radamès, lo proclama suo successore al trono concedendogli la mano della figlia Amneris e fa inoltre rilasciare i prigionieri, ma fa restare Aida e Amonasro come ostaggi per assicurare che gli etiopi non cerchino di vendicare la loro sconfitta.
 

ATTO III


Scena: Le rive del Nilo, vicino al tempio di Iside.
Amonasro e Aida sono tenuti in ostaggio; il Re etiope costringe la figlia a farsi rivelare da Radamès la posizione dell'esercito egizio. Radamès ha solo apparentemente consentito di diventare il marito di Amneris, e fidandosi di Aida, durante la conversazione le rivela le informazioni richieste dal padre. Quando Amonasro rivela la sua identità e fugge con Aida, Radamès, disperato per avere involontariamente tradito il suo Re e la sua Patria, si consegna prigioniero al sommo sacerdote.

 

ATTO IV


Scena I: Sala nel palazzo del Re; andito a destra che conduce alla prigione di Radamès.
Amneris desidera salvare Radamès, ma lui la respinge. Il suo processo ha luogo fuori dal palcoscenico; egli non parla in propria difesa, mentre Amneris, che rimane sul palco, si appella ai sacerdoti affinché gli mostrino pietà. Radamès viene condannato a morte per tradimento e sarà sepolto vivo. Amneris maledice i sacerdoti mentre Radamès viene portato via.

Scena II: L'interno del tempio di Vulcano e la tomba di Radamès; la scena è divisa in due piani: il piano superiore rappresenta l'interno del tempio splendente d'oro e di luce, il piano inferiore un sotterraneo.
Aida si è nascosta nella cripta per morire con Radames. I due amanti accettano il loro terribile destino, dicono addio al mondo e alle sue pene, e aspettano l'alba, mentre Amneris piange e prega sopra la loro tomba durante le cerimonie religiose e la danza di gioia delle sacerdotesse.

Aida - Marcia trionfale

M. Callas, AIDA, "O terra addio", Covent Garden, 10 June 1953

Leontyne Price - "O, patria mia" - Metropolitan Opera. January 5, 1985

Silvia O. - Erika C. - Gaia D. -  Sofia D. - Roxane A. - Mimoza M. -Classe 3B - gruppo 2

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Giovanna d'Arco  di Giuseppe Verdi, su libretto di Temistocle Solera.


Dopo il discreto successo de I due Foscari al teatro Argentina, Verdi fu a Milano per un'opera vecchia e un'opera nuova. All'apertura della stagione di carnevale 1845 (ovvero il26 dicembre 1844) provvidero I Lombardi alla prima crociata e qualche settimana dopo, ad appena quattro mesi di lavoro, la sera del 15 febbraio 1845, andò in scena la fiammante Giovanna d'Arco che Temistocle Solera aveva parzialmente tratto da un dramma di Schiller.

TRAMA


Prologo 

E’ il 1429. Cittadini e ufficiali di Carlo VII re di Francia temono la disfatta totale nel conflitto con l'Inghilterra: Orléans ancora resiste ma è ormai allo stremo. Sopraggiunge Carlo: afflitto dal pensiero delle sofferenze del suo popolo comunica la sua intenzione di arrendersi al nemico: ha sognato un luogo in mezzo alla foresta in cui si trovava una immagine dipinta della Vergine che gli ordinava dì deporre ai suoi piedi l'elmo e la spada. Gli abitanti del luogo confermano l'esistenza dell'immagine. del sogno in un luogo in mezzo alla foresta frequentato di notte da demoni e streghe. Carlo non vuole credere che dove si trova un'immagine sacra possano incontrarsi anime dannate: vi si recherà al più presto per invocare aiuto dalla Vergine.
Nella selva davanti alla cappella della Vergine Giacomo, padre di Giovanna, è turbato: sua figlia passa in quel luogo molte notti ed egli teme che abbia ceduto l'anima al demonio. Decide di nascondersi in una caverna nei pressi per scoprire la verità.
Arriva Giovanna, afflitta per la sorte in cui versa la Francia: essa non chiede altro che poter affrontare il nemico sui campi di battaglia e prega la Vergine di concederle le armi per difendere la propria patria. Dopo la preghiera, la fanciulla si addormenta. Sopraggiunge Carlo che rimane sorpreso nel riconoscere il luogo del sogno.
E’ Giovanna che intanto sogna: dapprima un coro di spiriti malvagi la invita a godersi la sua bellezza e gioventù; poi un coro dì anime beate le annuncia che il cielo ha accolto la sua preghiera e le concede le armi per salvare la Francia: ma guai se non manterrà il cuore puro da ogni affetto terreno. Giovanna si desta e riconoscendo il re Carlo lo esorta a non arrendersi al nemico: lo invita quindi a seguirla sui campi di battaglia dove lo porterà alla vittoria.
Giacomo, vedendo i due parlare insieme, si convince che Giovanna, per amore del re, abbia ceduto la sua anima al demonio. Fa per fermarli ma si accascia per il grave dolore.


Atto I

Dopo la tremenda sconfitta inferta dalle truppe francesi guidate da Giovanna, i soldati inglesi esortano il loro comandante Talbot a ordinare la ritirata. Giunge al campo Giacomo quasi impazzito dal dolore: viene a denunciare sua figlia e chiede di combattere contro Carlo che l'ha sedotta: promette che prima di sera consegnerà Giovanni agli inglesi purché puniscano la sua empietà. Ormai conclusa la sua missione, Giovanna sente la nostalgia dei luoghi dove ha vissuto; decide quindi di partire Ma sopraggiunge Carlo che la trattiene confessandole il suo amore. Giovanna è commossa e dopo una prima resistenza ammette anch'essa il suo amore per lui. Ma voci dal cielo le ricordano il suo destino: deve rinunciare a ogni affetto terreno. Carlo che non ha udito le voci è sorpreso nel vederla turbata e tremante. In quel momento giungono gli ufficiali del re per invitarli a raccogliere gli onori della folla: Carlo sarà incoronato ed egli desidera che sia Giovanna a porre la corona sul suo capo e a condividere la gloria. La fanciulla, non più padrona di se stessa segue Carlo passivamente, in preda al rimorso per la sua colpa. Un coro dì spiriti malvagi che inneggia a Satana e alla sua vittoria sulla purezza, assale l'anima di Giovanna.
 

Atto II

Il popolo in festa si prepara all’incoronazione cantando le prodezze della vergine guerriera. Il corteo, che accompagna Carlo e Giovanna, entra nella cattedrale di San Dionigi per il sacro rito. Fuori attende Giacomo che, dimentico dell’amore paterno e puro strumento della volontà divina, è pronto ad accusare Giovanna. Uscito il corteo dalla cattedrale, Giacomo vede nel volto turbato della figlia la conferma ai suoi sospetti: si scaglia quindi furibondo contro di lei e l'accusa di empietà davanti al re e al popolo. Giovanna, nonostante Carlo la supplichi di discolparsi, non apre bocca e rinuncia ad ogni difesa. Tuoni e fulmini improvvisi sembrano confermare le accuse di Giacomo: la folla, terrorizzata, già vede in Giovanna una strega. La fanciulla, in lacrime, si getta tra le braccia del padre, che le offre le fiamme del rogo per salvare la sua anima. Carlo dispera di poterla aiutare mentre il popolo, dimentico delle gesta di Giovanna, rinnega l'empia che avrebbe contaminato la gloria della Francia.
 

Atto III

Giovanna, in catene, attende di andare al rogo. Sente i rumori della battaglia che infuria e, ispirata dal cielo, vede quello che accade. Intanto Giacomo entra e si ferma, non visto, a osservare la figlia. Essa vede Carlo circondato dagli Inglesi che stanno per sconfiggerlo: prega Dio di non abbandonarla e gi affida il suo cuore: amò è vero, ma per un solo istante, rimanendo pura. Giacomo che ha udito la sua preghiera, comprende di aver accusato ingiustamente la figlia e accorre a liberarla. Giovanna chiede al padre di benedirla, afferra la spada e corre al campo di battaglia. Giacomo dalla torre la vede in sella ad un bianco destriero salvare il re e guidare l'esercito francese alla riscossa.
Alla torre arriva Carlo, mandato da Giovanna a difendere suo padre; ben presto giunge la notizia che gli Inglesi sono in rotta ma Giovanna è morta.
Carlo e Giacomo sono in preda al più grande dolore, quando arriva il corteo funebre che accompagna la salma della vergine. All’improvviso Giovanna apre gli occhi e, come mossa da una forza soprannaturale, si solleva: prende dalle mani di Carlo le insegne dei francesi e dà l'addio alla terra e alla gloria mortale. Non appena l'eroina muore, una luce astrale si diffonde in cielo tra l'esultanza delle anime beate e il tormento degli spiriti malvagi.

Giovanna d'Arco - Ouverture

Venus H. - Simone V. - Alessio B. - Massimiliano P. - Federico C. - classe 3B - gruppo 1

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